Mercati

Dagli equilibri politici ai nuovi paradigmi della globalizzazione

by Alessandro Gili Research Fellow Geoeconomia e Infrastrutture ISPI
18 giugno 2024
7 min
18 giugno 2024
7 min

Dagli equilibri politici ai nuovi paradigmi della globalizzazione

Sono Alessandro Gili, Research Fellow agli osservatori di Geoeconomia e di Infrastrutture dell'ISPI.

Instabilità politica e scenari elettorali globali

Il 2024 è un anno che si sta inaugurando e sta proseguendo con una serie importante di appuntamenti elettorali. L'abbiamo visto con l'India, che ha votato per la riconferma di Narendra Modi, un leader che possiamo anche definire nazionalista e che prevede per il suo Paese una grande crescita economica. Un leader che punta a raggiungere per l'India il traguardo dei 7 trilioni di dollari entro il 2030.

Questo 2024 vede una serie importante di appuntamenti elettorali in tutto il mondo.

Ma lo vediamo anche dopo la scontata rielezione di Putin e l'assassinio del presidente Raisi in Iran, dove dovranno esserci altre elezioni. Importanti elezioni ci saranno poi in Africa, con il Sudafrica che è chiamato alle urne, ma anche altri paesi come il Mozambico.

Abbiamo visto inoltre la portata delle elezioni anticipate che sono state chiamate da poco nel Regno Unito, e che probabilmente vedranno un cambiamento di rotta del Paese con l'arrivo dei laburisti alla guida del governo, e quindi un cambiamento anche per quanto riguarda le politiche economiche.

Nel frattempo si sono soprattutto svolte le politiche europee, che hanno visto un rafforzamento dei partiti di destra, soprattutto in alcuni Paesi come la Germania e la Francia. Questo indica un cambiamento anche negli equilibri dei due motori dell'Unione Europea, anche in vista delle prossime nomine per la futura Commissione. Abbiamo visto anche che la Francia ha chiamato elezioni anticipate, e quindi anche lì dovremo vedere quali saranno i futuri sviluppi del Paese.

L'importanza delle elezioni americane

La svolta più importante ci sarà probabilmente in seguito a quello che accadrà negli Stati Uniti a novembre. Tutto dipenderà se si vedrà una riconferma del Presidente Biden o se ci sarà il grande ritorno dell'ex Presidente Trump, con le conseguenti problematiche che si avranno anche nei rapporti con la Cina da una parte, ma soprattutto con l'Unione Europea, e quindi la possibile reintroduzione di una dinamica conflittuale dal punto di vista commerciale con l'Europa che abbiamo visto già nel primo mandato del Presidente Trump.

In questo senso, si potranno anche delineare nuove prospettive per il conflitto in Ucraina. Tutto dipenderà appunto dalle elezioni negli Stati Uniti, e da come l’evolvere della situazione europea determinerà anche il sostegno agli sforzi di difesa dell'Ucraina e quindi, complessivamente, le relazioni con Mosca.

In questo contesto sarà fondamentale capire come evolveranno le relazioni tra Stati Uniti e Cina, e quindi fino a che punto si spingerà il cosiddetto de-risking che hanno avviato ormai da molti anni gli Stati Uniti per proteggere le proprie tecnologie critiche e per ridurre la dipendenza economica da Pechino.

Una politica che ha trovato espressione in alcuni strumenti di natura industriale come l'Inflation Reduction Act, che è stato varato pochi anni fa dagli Stati Uniti e che ha avuto come obiettivo quello di riportare una parte della produzione industriale, soprattutto nei settori critici dell'alta tecnologia come quelli dei semiconduttori e delle tecnologie green, negli Stati Uniti, nei Paesi del vicinato oppure con Paesi che sono allineati dal punto di vista geopolitico.

La reazione europea: la politica della diversificazione

L'Europa, da questo punto di vista, sta cercando di reagire perché è tra l'incudine e il martello. Da una parte ha la Cina, con cui sono stati annunciati nuovi probabili dazi all'importazione di veicoli elettrici con il fine di proteggere l’industria green europea. Dall'altra parte gli Stati Uniti, che se arriverà una nuova Presidenza Trump potremo, come abbiamo già detto, rivedere un acuirsi anche delle tensioni industriali e commerciali. Quindi l'Europa sta cercando di reagire: anch’essa ha varato nel corso di questi anni alcuni piani industriali, tra cui l’European Chips Act, per aumentare la produzione di semiconduttori in Europa.

Oppure ha varato il Critical Raw Materials Act per aumentare la propria indipendenza per quanto riguarda le materie critiche fondamentali per la transizione energetica. Ma è stato anche varato, in modo ancora più importante, The Net-Zero Industry Act, un piano di transizione industriale che individua alcuni settori critici della manifattura green, dalle batterie ai pannelli solari e fino alle tecnologie per l'idrogeno, e che ha come obiettivo quello di aumentare la produzione interna all'Europa e favorire degli scambi con alcuni Paesi che possiamo ritenere più affidabili dal punto di vista delle relazioni industriali ed economiche.

Possiamo dire che l'approccio che si delinea a livello internazionale e a livello europeo è dato da due parole chiave: de-risking e diversificazione. Ovvero aumentare le fonti di approvvigionamento per ridurre il rischio sistemico per l'Europa, e soprattutto per le proprie imprese.

L'approccio della diversificazione prevede di aumentare le fonti di approvvigionamento per ridurre il rischio sistemico per l'Europa e per le imprese.

Anche qui, si delinea un nuovo paradigma della globalizzazione. Se prima il criterio dell'efficienza, e quindi quello della riduzione dei costi, era il cardine su cui si basavano le relazioni economiche internazionali, soprattutto dopo l'ingresso della Cina nel 2001 nell'Organizzazione Mondiale del Commercio, oggi il paradigma si sta sempre più spostando verso un'ottica che possiamo definire di protezione, di diversificazione del rischio.

Inoltre, stanno aumentando sempre più gli strumenti di sicurezza economica. Anche l'Unione Europea lo scorso anno ha introdotto la European Economic Security Strategy, che prevede sempre più, accanto al tradizionale pilastro della libertà del commercio, cardine del mercato unico europeo, anche l'assunto sempre più importante della protezione. Per questo sono stati inseriti all'interno di questa strategia strumenti come un potenziamento dello screening degli investimenti diretti esteri in entrata, e si prevede la possibilità di introdurre nuovi controlli sulle esportazioni di tecnologie critiche.

Per questo si invitano anche le imprese europee, quindi anche italiane, a diversificare sempre più le proprie fonti di approvvigionamento e i propri mercati di export fondamentali. Quindi non focalizzarsi sempre su un unico mercato, ma cercare di diversificare il rischio.

Gli impatti della diversificazione sulla logistica globale

Se possiamo dire che si sta diversificando e che la rete delle relazioni commerciali e industriali cambia, è inevitabile che cambi anche la rete della connettività infrastrutturale, della connettività anche logistica. L'abbiamo visto, diciamo, attraverso la crisi prima della Brexit, ma anche dopo la crisi pandemica, e soprattutto in seguito, con la crisi in Ucraina per l'Europa e, più recentemente, con la crisi in Medio Oriente, che hanno scatenato gli attacchi houthi nel Mar Rosso.

Se cambiano le reti di relazioni commerciali e industriali, deve cambiare anche la rete della connettività infrastrutturale.

Le catene del valore europee si sono dimostrate fragili. La riunione ministeriale del G7 che c'è stata a Milano pochi mesi fa ha chiamato proprio i Paesi del G7, e l'Unione Europea in particolar modo, a diversificare il rischio per quanto riguarda la connettività dell'Unione dei Paesi membri con l'esterno, prevedendo dei corridoi e dei passaggi alternativi.

Per esempio, un corridoio alternativo alla rotta terrestre che passava attraverso la Russia per la connettività d'Europa ed Asia, immaginando la possibilità di potenziare lo sviluppo di questo middle corridor, un corridoio infrastrutturale che è a metà strada tra un collegamento terrestre e marittimo che percorre tutta l'Asia centrale e andrebbe a creare potenziali collegamenti tra Europa ed Asia.

Ma è stato anche proposto, per esempio, proprio ai margini del G7 dello scorso anno, un nuovo collegamento tra India, Medio Oriente ed Europa, che aprirebbe potenzialmente anche nuove prospettive per le aziende europee in un mercato, quello indiano, in rapido sviluppo. Anche qui ci sono sempre alcuni problemi, perché parliamo comunque, soprattutto per l'Asia Centrale, di Paesi che soffrono tradizionalmente di instabilità politica e in cui questi corridoi dovrebbero comunque passare. Parliamo di Paesi che hanno anche standard tecnici, regolamentari e di procedure doganali fortemente diversi.

Tornando alla crisi del momento, possiamo dire che la crisi del Mar Rosso sta creando dei problemi per gli approvvigionamenti europei. Sono state introdotte anche delle missioni navali per cercare di proteggere il commercio lungo lo stretto di Bab al-Mandab e ovviamente lungo il canale di Suez. Ricordiamo che da questo stretto passa circa il 12% del commercio mondiale e addirittura il 30% del traffico di container globale. E per l'Italia, questo passaggio è ancora più rilevante, perché da qui passano circa i 2/3 dell'import e 1/3 dell'export italiano.

Anche qui si è visto come molte compagnie di navigazione, per ovviare a questo rischio di subire attacchi contro le proprie navi, hanno scelto la circumnavigazione dell'Africa, e quindi il passaggio attraverso il Capo di Buona Speranza. Oltre a un aumento, ovviamente, dei tempi di percorrenza e dei costi, questo segna un pericolo per i porti europei, e soprattutto per quelli mediterranei, perché ovviamente, circumnavigando l'Africa, la prospettiva è che si vada verso i porti atlantici o del nord Europa per poi, attraverso modal shift, servire i mercati del sud Europa. Un problema soprattutto per i mercati e per i Paesi del sud Europa, che diverrà sempre più importante quanto più la crisi diventerà strutturale.

Il ruolo dell’Italia e le dinamiche continentali

Per l'Italia, poi, si pongono anche altri problemi. Ci sono alcune questioni di natura climatica, come la frana al confine con la Francia a ridosso di alcune infrastrutture fondamentali, che ha per esempio bloccato il collegamento ferroviario tra Italia e Francia e che verrà ripristinato probabilmente solo alla fine dell'estate. Altri problemi si sono rivisti lungo il traforo del San Gottardo e nella parte orientale del paese, soprattutto al Brennero, dove l'Austria sta creando dei problemi per quanto riguarda il transito delle merci soprattutto su camion.

Anche questi, quindi, saranno dei problemi che potrebbero essere risolti attraverso gli sviluppi infrastrutturali, come il nuovo tunnel di base del Brennero, che rafforzeranno i collegamenti ferroviari tra l'Italia e il resto del mercato europeo attraverso il passaggio per le Alpi.

Come sappiamo, infatti, una delle delle strategie più importanti dell'Unione Europea, condensata all'interno sia della Smart and Sustainable Mobility Strategy, sia all'interno della revisione dei corridoi transeuropei di trasporto (i cosiddetti corridoi europei TNT) è quella di decarbonizzare il trasporto, soprattutto quello delle merci.

La strategia europea prevede che il settore dei trasporti dovrà ridurre le proprie emissioni del 90% entro il 2050, e quindi anche il settore logistico è chiamato a svolgere un importante ruolo da questo punto di vista. In particolare, il trasporto ferroviario è chiamato ad avere un ruolo centrale.

Secondo la strategia europea, il settore dei trasporti dovrà ridurre le emissioni del 90% entro il 2050.

La gran parte delle comunicazioni tra i nodi urbani fondamentali dell'Unione Europea dovrà avvenire appunto attraverso trasporto ferroviario. Quindi il modal shift dalla gomma al ferro è uno degli obiettivi fondamentali dell'Unione Europea, condensato nel cosiddetto Green Deal

Con il cambiamento degli equilibri politici all'interno della futura Commissione, bisognerà capire quanto la questione della sostenibilità sarà ancora al centro delle future priorità. Abbiamo visto che la transizione è un processo che crea anche dei costi, e questi costi hanno determinato, soprattutto negli ultimi mesi un'opposizione di alcune fette dell'opinione pubblica, che vedono la transizione e la decarbonizzazione una nuova fonte di spesa piuttosto che un beneficio progressivo per la società civile.

Si tratta quindi di contemperare due esigenze: quella dell'efficienza economica da un lato e quella di non riversare i costi della transizione verso i cittadini dall’altro, il tutto, anche perseguendo l'obiettivo di andare verso una decarbonizzazione di trasporti che renda il sistema europeo italiano sempre più competitivo ed efficiente a livello globale.

Stiamo parlando di un periodo di continua transizione, che vedrà sempre di più grandi poli contrapposti dal punto di vista geopolitico ma soprattutto geoeconomico. Lo scontro tra Stati Uniti e Cina dal punto di vista economico e commerciale costringerà l'Europa a dover prendere delle scelte, con conseguenze di natura strategica per il futuro dell'Unione e dei suoi cittadini.

Soprattutto per un continente come l'Unione Europea, che ha visto nell'apertura e nel libero scambio le fonti del proprio benessere, contemperare le esigenze di prosperità e di sicurezza sarà sempre più complicato, ma è una sfida importante, che sarà affrontabile solo in un contesto in cui i Paesi europei collaboreranno e andranno sempre più verso una maggiore integrazione.

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