Innovazione

Dalla transizione digitale alla human-centric innovation

L’innovazione per l’impresa non è più un'opzione, ma una necessità. Le aziende devono adottare un approccio strategico, consapevole, sostenibile e "human", ponendo le persone al centro del processo di sviluppo.

by MULTI
22 maggio 2024
8 min
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Una rivoluzione che ci riguarda tutti

Abbiamo vissuto più rivoluzioni tecnologiche negli ultimi 20 anni di quante l’umanità ne abbia generate dalla sua comparsa.

Un progresso tecnologico che Gerd Leonhard definisce “esponenziale, combinatorio e ricorsivo”, facendo riferimento alla sua capacità di evolvere in maniera repentina, di creare sviluppo reciproco tra tecnologie diverse, e persino di autogenerarsi, AI e deep learning in primis.

Gerd Leonhard, Technology vs humanity. The coming clash between man and machine, Fast Future Publishing, UK, 2016

L’entusiasmo con cui assecondiamo il progresso nel nostro quotidiano – dall’ultimo modello di smartphone alle app che ci semplificano l’esistenza –, tuttavia, si scontra con molteplici limiti e riluttanze quando si tratta di trasferirla nel contesto aziendale, specialmente all’interno dei contesti industriali e nelle filiere più tradizionali.

In questo contesto di sviluppo tecnologico non più “lineare”, l’innovazione non è più una scelta, ma una necessità vitale per le imprese che aspirano a sopravvivere e che sono alla ricerca di competitività e di un distintivo posizionamento commerciale all’interno del mercato.

Allenarsi a guardare il futuro in modo diverso dal presente, immaginare prodotti e servizi evoluti rispetto a quelli proposti, migliorare i processi e ottimizzare gli investimenti richiesti dallo sviluppo aziendale, diventa sempre più complesso e, allo stesso tempo, sempre più strategico.

Innovare consapevolmente

Il percorso verso l’innovazione d’impresa necessita di una doppia consapevolezza.

Una consapevolezza delle tecnologie disponibili è oggi indispensabile. Rispetto al passato dove la tecnologia-strumento era funzionale alla sua applicazione, oggi esistono tecnologie abilitanti capaci di stimolare bisogni inespressi.

Questa alfabetizzazione tecnologica è cruciale per valutare e implementare soluzioni che riescano a potenziare efficienza, competitività e profittabilità. Una consapevolezza matura delle evoluzioni tecnologiche, che solleciti le giuste domande e intercetti le reali opportunità, prima di cedere al seducente – e sedicente – ultimo ritrovato.

Viceversa, partire dai bisogni effettivi dell’azienda, dal suo impatto all’interno del mercato e dal suo valore generato per tutti gli stakeholder, predispone la ricerca di soluzioni innovative in linea con le strategie di crescita, capaci di ottimizzare gli investimenti e di riscontrare anche benefici concreti nel breve termine.

Una consapevolezza del proprio posizionamento strategico che guidi l’innovazione, non la subisca.

Oltre la tecnologia

L’innovazione per le imprese si compone anche di elementi che non si possono acquistare: una revisione strategica delle funzioni e dei processi, una riprogrammazione dei flussi di lavoro, una condivisione integrata delle competenze, una gestione degli imprevisti guidata dai dati e non dal problem-solving.

Con l’avvento dell’Industry 5.0 e in un futuro in cui l’interazione fra uomo e macchina aumenterà esponenzialmente, non basta dotarsi dei macchinari più performanti o dei sistemi e software più intelligenti: serve che le persone siano pronte ad accoglierle, a utilizzarle e valorizzarle.

Non basta dotarsi dei macchinari più performanti o dei sistemi e software più intelligenti: serve che le persone siano pronte ad accoglierle, a utilizzarle e valorizzarle.

La condivisione della conoscenza all’interno delle filiere e delle singole aziende deve coniugarsi con una revisione dell’approccio verso i temi di innovazione. Un concetto molto chiaro per le grandi aziende, meno vicino alle PMI, è che integrare elementi innovativi significa innanzitutto avere una precisa strategia di sviluppo.

Il rischio per le PMI, che sono costrette a scegliere su quali tecnologie puntare, spesso condizionate dagli incentivi del momento, è quello di portare avanti progetti frammentari che mancano di una visione globale in grado di legare i diversi sforzi di innovazione. 

Innovare è prima di tutto un approccio che porta a ragionare di futuro, raccogliendo tutti i dati di cui si ha bisogno, informandosi sul contesto e sulle soluzioni disponibili. Solo allora decidere quale strada intraprendere, su quali tecnologie investire, definendo con più coerenza quante risorse impegnare e come diversificarle.

Innovare è prima di tutto un approccio che porta a ragionare di futuro.

Avere maggiore consapevolezza significa rendere accessibili cose che non lo erano, significa comprendere che i risultati a breve termine si possono integrare e, anzi, devono essere sostenuti da una strategia di innovazione olistica, in linea con l’identità aziendale prima che con gli obiettivi commerciali.

Il valore dato

Condizione primaria per l’introduzione di misure di innovazione è considerare i dati come un asset aziendale strategico. Riuscire a estrapolare dati significativi dal proprio servizio o dalla propria produzione determina la capacità di efficientarne i processi e ottimizzarne la produttività. E, al pari dei software o dei macchinari di produzione, anche i dati che essi producono richiedono misure di protezione dedicate, sistemi di gestione consolidati e attenzione per il rispetto delle normative vigenti e di quelle in via di definizione.

In questo panorama, diventa essenziale dotarsi di misure di cybersecurity moderne e integrate, sia IT che OT, a protezione di eventuali attacchi a computer e impianti, ma soprattutto a tutela degli investimenti fatti e del valore che quei dati possono avere all’interno della supply chain.

Il lento processo di digitalizzazione nelle PMI impatta in maniera rilevante sull’adozione di tecnologie innovative. Le informazioni e i dati potenzialmente strategici, innanzitutto, devono essere convertiti da analogico a digitale prima di essere trasferiti agli algoritmi intelligenti. A questo si unisce la frequente difficoltà ad accedere ai dati, spesso di bassa qualità, e a gestire volumi di dati enormi e complessi da analizzare, i famosi big data. 

L’estrazione dei dati e la loro corretta gestione sono passaggi fondamentali, ma quello che permette di guidare realmente le scelte strategiche, oltre che una delle sfide maggiori per le PMI quanto le grandi aziende, è l’analisi e la rielaborazione del dato per creare nuovo valore. 

Dal machine learning alle intelligenze artificiali generative

il problema dell'adozione dell'AI credo stia molto nel fatto che l'approccio sia di sostituzione a qualcosa che viene fatto (parte di un processo, specifica attività) mentre ormai è chiaro come l'adozione di questo tipo di tecnologia vede massimizzato il suo valore quando l'approccio è di sistema. Dobbiamo sfruttare questo passaggio tecnologico per fermarci a ripensare i processi aziendali e il modo in cui facciamo le cose. Allora così portiamo innovazione in azienda. Altrimenti continuiamo a fare miglioramenti incrementali, che possono anche funzionare, ma non sfruttano appieno il potenziale del pensiero (e della tecnologia) innovativa.

Gli algoritmi di IA in azienda, come nelle app e device di utilizzo quotidiano, sono entrati molti anni fa senza che ce ne accorgessimo, attraverso il machine learning di impianti, l’apprendimento automatico dei gestionali, ad esempio. Tuttavia, è l’arrivo delle intelligenze artificiali generative ad aver determinato il forte trend di crescita dell’IA per l’impresa.

L'adozione di IA nelle PMI italiane sta progressivamente crescendo, ma rimane significativamente inferiore rispetto alle grandi aziende. Secondo recenti ricerche, inclusi studi condotti dal Competence Center Nazionale CIM4.0, circa l’8% delle PMI nel settore produttivo ha implementato soluzioni di IA nei propri processi di produzione, rispetto a quasi il 30% delle grandi aziende. Alla base di questo divario c’è una differenza di risorse tangibili – di natura economica – e intangibili – come competenze e visione.

Come è possibile che questa tecnologia, anzi, questo “nuovo paradigma” che dovrebbe portare tutte le imprese verso maggiori efficienza e produttività stia in realtà creando un divario ancora più ampio tra le PMI e le grandi aziende?

Come è possibile che questo “nuovo paradigma” stia creando un divario ancora più ampio tra le PMI e le grandi aziende?

Da un lato, la percezione predominante è che gli strumenti focalizzati nel migliorare efficacia e produttività del singolo – come Chat GPT e altri tools simili – siano facilmente adattabili e inseribili in un contesto aziendale. Dall’altro, molto meno chiaro e decisamente più complesso, è comprendere la reale efficacia di questi strumenti quando devono essere integrati in modo profondo nei processi aziendali.

Questa visione, semplicistica per alcuni versi, si scontra con un assunto essenziale per fare innovazione: anche se è inevitabilmente necessario dotare le proprie persone di tutti gli strumenti e le conoscenze, è con un intervento di sistema che si ottengono i maggiori benefici.

Tra gli ostacoli principali all’adozione dell’intelligenza artificiale all’interno dei processi aziendali c’è la complessità nel misurare con precisione il suo valore aggiunto e la percezione del suo impatto a lungo termine. Non è facile quantificare i benefici diretti, come l'aumento delle vendite o la riduzione dei costi. E, in mancanza di una priorità di questo tema nella strategia aziendale, gli investimenti necessari per implementare queste tecnologie vengono spesso ritenuti secondari rispetto ai bisogni immediati.

Un altro aspetto chiave preliminare all’adozione di soluzioni di IA è la comprensione del panorama normativo correlato a questa tematica. Lo sforzo fatto dal legislatore dell’Unione Europea per regolamentare la materia è recentemente sfociato in un AI Act, una pietra miliare fondamentale per orientare gli investimenti delle aziende nella giusta direzione.

Un contesto legislativo lento, poco chiaro o anche solo poco noto, non favorisce la costruzione di progetti a lungo termine, e scoraggia gli investimenti delle piccole e medie come delle grandi imprese. Per questo, informarsi è il primo passo per individuare gli investimenti innovativi più sicuri e costruire percorsi di innovazione a lungo termine.

Dall’automazione dei processi alla fabbrica autonoma

Il modello di industria 4.0 ha contribuito ad accelerare l’introduzione di sistemi di interconnessione tra i macchinari, e la spinta dei diversi incentivi economico-finanziari ha permesso alle aziende di dotarsi di soluzioni per l’automazione dei processi, dai bordo macchina agli AGV alla robotica collaborativa.

Tuttavia, questa automazione è stata introdotta spesso in modo frammentato, senza poggiare su un progetto di innovazione complessivo e trasversale a tutte le aree aziendali. Con il risultato di un prolifico moltiplicarsi di sistemi nati per essere interconnessi, ma che nella pratica parlano linguaggi diversi e richiedono competenze tecniche altrettanto specifiche.

Il mercato ha prontamente reagito grazie a system integrator e società con competenze trasversali capaci di far dialogare impianti, software e team multidisciplinari, tuttavia la necessità di nuovi investimenti in consulenza, formazione e integrazione spesso incontra la diffidenza di chi governa l’impresa ad investire ulteriormente in quei sistemi, col risultato di non sfruttarne il pieno potenziale e perdere opportunità di innovazione più vicine di quanto si pensi.

La transizione 5.0 in arrivo porta con sé un modello di industria più collaborativa in una logica sia di sostenibilità che di integrazione uomo-macchina. Un percorso che avvicina sempre di più lo scenario di trasformazione da fabbrica intelligente (smart factory) a fabbrica autonoma.

La sfida sarà duplice: da una parte integrare le competenze mancanti facendo evolvere le risorse interne o affidandosi a operatori esterni; dall’altra agire sempre più in una logica di filiera, instaurando sinergie e nuovi business model tra fornitori, partner e clienti.

Dalla digitalizzazione dei processi per la servitizzazione dei prodotti all’integrazione di ecosistemi digitali condivisi, le prospettive di innovazione aziendale non riguardano più solo le tecnologie, ma determinano trasformazioni che possono rivoluzionare il modo di fare impresa.

Infrastrutture fisiche, digitali e ibride

Oggi è presumibile che non vi sia settore economico per il quale le infrastrutture fisiche e digitali e le tecnologie abilitanti non siano diventate asset imprescindibili dell’azienda.

La direzione del piano Industria 5.0 è quella della digital integration, di soluzioni ibride e interconnesse, e le infrastrutture devono adeguarsi sempre più a dialogare tra loro in una modalità scalabile e modulare. Dalle reti (5G, cloud) alle interfacce (IoT, device), dallo spatial computing (AR/VR e metaverso) fino al gemello digitale (digital twin).

A tal proposito, il core business di alcune aziende negli ultimi anni è stato stravolto da normative o sensibilità del proprio mercato di riferimento legate alle tematiche ambientali e alla sostenibilità. Si è trattato in alcuni casi di uno tsunami che ha spazzato via dal mercato determinati player impreparati al cambiamento, ma per molti ha costituito un’enorme opportunità di innovazione che ha traguardato con effetti positivi i processi interni anche di filiera, e ha costituito volano per intercettare nuovi mercati e interlocutori. 

People integration

La capacità di trasformare l’interazione uomo-macchina in una vera e propria integrazione assumerà un’importanza crescente nella gestione delle imprese e delle persone che ci lavorano.

In una sfida fatta di customer listening, knowledge engineering, upskilling e reskilling le PMI partono spesso svantaggiate rispetto alle grandi organizzazioni aziendali. In questo ambito, le limitazioni di budget e la minore flessibilità organizzativa si aggiungono alla carenza di competenze interne. La mancanza di personale qualificato e la scarsa conoscenza delle tecnologie rende più complessa ed onerosa l’acquisizione, l’implementazione e la gestione di soluzioni innovative sistemiche.

Per colmare, almeno in parte, questo gap, è necessario agire secondo due direttrici:

1_ Ricordare che l’innovazione non arriva solo dalla tecnologia. Revisionare i processi aziendali, trovare un nuovo modo di valorizzare le competenze dei singoli, migliorare lo scambio di competenze tra ruoli senior e junior - il cosiddetto reverse tutoring - o cambiare i modelli di gestione, spesso, porta più innovazione di quanto si pensi.

2_ Investire con costanza nella formazione per i propri collaboratori. Poter contare su persone tecnicamente aggiornate e competenti, permette di rendere massimamente efficace l’adozione di una tecnologia innovativa. L’obiettivo è avere qualcuno che sappia elaborare i dati, tradurli in strategie concrete e intravedere i futuri sviluppi innovativi.

Innovazione per obiettivi, innovazione per umani

In un orizzonte così complesso e fitto di strumenti, soluzioni e servizi innovativi, come possono le imprese – e in particolare le PMI – superare gli ostacoli connaturati alla loro dimensione d’impresa e iniziare un processo di innovazione davvero efficace? 

L’approccio graduale e progressivo nell’adozione di queste tecnologie può essere la chiave per evitare l’immobilismo. Ottenere le cosiddette quick wins nella prima fase di adozione facilita l’avvio di un processo di continuo miglioramento, coniugando il bisogno di innovare con quello di raggiungere risultati concreti a breve e a medio-lungo termine.

Una buona pratica per iniziare è quella di focalizzarsi sui casi d’uso che già oggi offrono valore reale per gli utenti, come l'IA conversazionale nella creazione di contenuti e l’utilizzo dello spatial computing nella simulazione di scenari produttivi.

Come detto però, il primo e più importante passo da compiere è quello della consapevolezza dei temi di innovazione: comprendere l’importanza della gestione e dell’interpretazione dei dati, imparare a dare il giusto valore ai prodotti e alle soluzioni tecnologiche, investire in formazione quando non si possiedono le competenze.

Per costruire una realtà aziendale in cui la tecnologia e le macchine sono al servizio del benessere dell’uomo e del business, bisogna infine mettere in campo delle pratiche efficaci per la gestione del rischio. Non avere gli strumenti adatti a controllare le derive errate dell’IA, dei bot o delle tecnologie produttive significa esporsi a potenziali problemi a cascata. 

Un rimedio efficace a questo problema è avere all’interno della propria compagine aziendale persone pronte ad affrontare questo tipo di problemi. Ora più che mai il successo e la competitività delle imprese passa dal giusto mix tra competenze, flessibilità organizzativa e tecnologie innovative.

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