Il lavoro del futuro non esiste
Io sono Renzo Noceti e sono considerato dal mercato un headhunter. Personalmente credo di essere abbastanza in fuga da questo ruolo che in realtà identifica un mestiere che mi piace moltissimo, un ruolo di cui ho l'enorme opportunità, nella possibilità proprio di confrontarmi con le persone colte in un momento straordinario, in cui si esamina la propria esperienza di lavoro.
Il lavoro giusto
Proprio ieri mi è capitato di trovarmi di fronte a uno dei role play in cui mi trovo più spesso. Tipicamente di fronte a una domanda: “Quali saranno i lavori del futuro? Quali sono i nuovi lavori? Quali sono i lavori emergenti?”. Io capisco il senso di questa curiosità, però credo che sia veramente una tipica domanda sbagliata.
Prima di tutto perché non esiste il lavoro del futuro, esiste sempre e solo il lavoro del presente. E in secondo luogo, perché il problema non è né il contenuto del lavoro del futuro che si manifesterà, né per certi versi il title. Il vero grande problema è come sarà il lavoro che ci aspetta l'anno venturo, come arrivare preparati a questo lavoro.
Non esiste il lavoro del futuro, esiste sempre e solo il lavoro del presente. Il problema è com sarà il lavoro che ci aspetta l’anno venturo.
Dobbiamo entrare in questa prospettiva di arrivare meglio e in modo più preciso al lavoro che ci attende, al lavoro migliore, al lavoro giusto, grazie a una completamente diversa disponibilità di elementi informativi e attitudine a utilizzarle. Già oggi, volendo, potremmo sapere dov'è il lavoro, com'è il lavoro, che cosa ci manca per fare quel lavoro. E per certi versi addirittura possiamo sapere che cosa ci lascerà il lavoro sostanzialmente.
Una comunicazione chiara e trasparente
La disponibilità informativa alla fine è trasparenza, e la verità è che il nostro mercato del lavoro e la nostra abitudine a stare dentro questo mercato, non sono sincronizzati con una tale disponibilità informativa.
La disponibilità di informazioni richiede un cambio di passo e di mindset, di mentalità anche dal punto di vista della trasparenza con cui le parti dovranno confrontarsi e arriveranno a confrontarsi. Quindi abbiamo già oggi l'esigenza di una migliore comunicazione. Io quando parlo di comunicazione penso a un tema di chiarezza.
Anche la relazione del lavoro è reciproca, e richiede una comunicazione chiara negli scopi, nei contenuti, nei tempi e sui compensi.
Una chiarezza pensata per chi riceve la comunicazione, non per chi la fa. Quindi non è solo lato azienda la chiarezza. Come tutte le relazioni vere, anche la relazione del lavoro è reciproca, implica una reciprocità e uno scambio di ruoli. Quindi chiarezza degli scopi, chiarezza dei contenuti, chiarezza dei tempi, chiarezza sui compensi.
Apprendimento continuo e coinvolgimento a tutti i livelli
Subito dopo esiste il secondo problema, quello che incomincia con l'inizio dell'esperienza, che è un problema di stili, di ambiente. L'ambiente deve essere coerente con la comunicazione. Poi valori. I valori sono un tema complicatissimo perché in realtà ogni azienda ha i propri valori veri, quelli, pochi, seri devono essere in qualche modo riconosciuti, proposti, continuamente richiamati.
La trasparenza assoluta su mission e valori: con queste caratteristiche un’azienda può navigare molto bene in questo mercato del lavoro ricco di informazioni.
Ma soprattutto, il riferimento ai valori deve essere autentico. Meglio essere sinceri nell'evidenziare che mancano determinati aspetti. Quindi missione e valori: assolutamente vietato il marketing su questo, trasparenza assoluta. Ecco, penso che un'azienda con queste caratteristiche possa navigare molto bene in questo mercato del lavoro ricco di informazione, ricco di dati, in cui il dato è continuamente aggiornato e sempre più intelligentemente disponibile.
Ecco, quello che io penso però è che ci siano almeno un altro paio di aspetti importanti. E uno di questi aspetti è rappresentato, credo, dal tema del continuous learning, la condizione di apprendimento. Se in quell'opportunità di lavoro io posso apprendere, qualunque ne sia il livello, se quello step professionale è ricco di promessa di trasformazione, osservo una grande responsabilità ad assumere persino il rischio professionale.
Qualunque sia il livello, quello che conta è la componente di esperienze, la componente di apprendimento.
Quello che conta è che la componente di esperienze, la componente di apprendimento, che è esattamente il correlato dell'esperienza, sia elevata e reale. Allora, mettere in condizioni le persone di apprendere, in uno scenario che deve essere veramente quasi “gamificato”. Dobbiamo immaginare qualcosa che abbia la gradevolezza, la velocità, la semplicità e la capacità di coinvolgimento, caratteristiche di uno scenario di gioco.
Nuovi equilibri tra i ruoli
Chiudo su un aspetto che per me è veramente poi determinante, che è quello del progetto professionale. Fino a ieri era scontato che l'offerta di lavoro fosse da parte delle aziende, oggi è già esattamente al contrario e questo ruolo, davvero, continua a scambiarsi.
Quello che deve essere evidente è l'incontro, che è il punto su cui insiste poi la nostra attività, la mia attività in modo più specifico: fare in modo di accompagnare domanda e offerta, dovunque si trovino, verso una convergenza. Questa convergenza richiede la condivisione e l'aggiornamento costante di un progetto.
Allora la domanda che ci dobbiamo porre sia dal lato dell'azienda, attenzione, sia dal lato del lavoratore è: "Ma il mio progetto professionale a che punto è? Lo sto svolgendo? Cosa c'è di nuovo dentro questo progetto? Come devo aggiornarlo? Come devo correggerlo? Come devo modificarlo? Come posso, quanto posso richiedere una correzione progettuale? O proporre una correzione progettuale in un ambito organizzativo?”.
La domanda che ci dobbiamo porre è: “Ma il mio progetto professionale a che punto è?”
Il problema fondamentale è la disponibilità delle informazioni, perché consente addirittura la comprensione di che cosa mi manchi per fare quel lavoro. È questo l'elemento che aggancia il continuous learning a cui faccio riferimento.
La trasformazione è legata alla disponibilità delle informazioni e all'attitudine a utilizzarle. Allora, una volta che io ho allineato tutto questo, sono però arrivato di fronte a una situazione in cui tutto deve essere reso coerente.
La disponibilità informativa e i processi aziendali
Lo snodo fondamentale è che le informazioni rendono possibile una straordinaria ottimizzazione dello stock di risorse disponibili sul mercato, correggendo quello che potrebbe essere l'esperienza di skill gap degli ultimi decenni.
Tutto sarà molto più real time, molto più evidente, molto più esplicito di quanto non lo è oggi e i nostri processi e la stessa organizzazione a supporto dei processi non è preparata a questo livello di informazioni. Vediamo le reazioni sotto forma di "ma questi giovani cosa vogliono, ma non gli puoi dire niente, sono troppo leggeri, non sono resistenti, non sanno soffrire", senza cogliere che è l'effetto collaterale della disponibilità di informazioni.
Deve essere tutto trasparente e questo noi non siamo abituati. Ecco, è come se fossimo continuamente davanti a una telecamera, perché tutto viene rilevato, ma non è un problema, cioè è molto real, è molto autentico.
Non siamo abituati ad avere una comunicazione trasparente. I processi e le organizzazioni non sono preparate per questo livello di informazioni.
In molti casi vedo curricula fatti molto male, perché molto ovvi, cioè si accetta dall'una parte come dall'altra il role play, per cui in qualche modo ci si dispone nella posizione più standard possibile, come se fosse quella più difendibile, non accettando il principio di integrare invece più realtà, carattere, più personalità.
Spesso vedo curricula fatti male, molto standard, che non accettano il principio di integrare più realtà, carattere e personalità.
Dall'altra parte io vedo curricula che giocano allo stesso ruolo dalla parte opposta, dove non c'è chi sono io, perché il timore dico "se lo dico poi non vado bene", ma perché? Se io dico che ho queste caratteristiche, che riesco a dire qualcosa di me, qualcosa del mio progetto di vita, c'è il rischio che qualcuno dica: "Wow, mi interessa perché mi riconosco in te".
L’esempio delle nuove generazioni
Quello che conta è sviluppare una cultura della trasparenza e dell'informazione. È incredibile quanto poco io personalmente dedichi a raccontare la posizione nei termini tradizionali tipici del lavoro di Executive Search. E generalmente quando lo faccio lo dichiaro, dico: "Adesso sto per entrare in modalità vendita". Cioè come sui giornali quando hai pubblicità mascherata da redazionale, devi dirlo.
Qualunque sia la posizione, ti dico la parte poi ritorno in modalità e ti dico la verità. Perché a me non interessa trovare candidati per quella posizione, a me interessa trovare quell'attore che rende indimenticabile quel film. Allora io devo parlare con una persona che poi la anima e rende vera o non vera quell'interpretazione.
A me non interessa trovare candidati per una posizione, ma attori in grado di rendere indimenticabile quel film. In questo dobbiamo imparare dalle nuove generazioni.
Quindi il tema riguarda le generazioni precedenti, ma io penso questo: le generazioni che arrivano insegnano sempre qualche cosa alle generazioni precedenti. Il risveglio ci mette di fronte al fatto di generazioni che fanno quello che devono in modo veramente un po' automatico, per cui recito sempre quella roba lì, do sempre la mano in quel modo, sorrido sempre in quel modo, eccetera eccetera.
Una rigenerazione che parte dagli assessment
Qui l'unica cosa che posso dire è questa: quando facciamo attività di assessment, fatto come cerchiamo di farlo noi in Simbiosity, cerchiamo di fare un assessment di rigenerazione. Vuol dire che non è un assessment di natura valutativa o non è principalmente di natura valutativa, ma è in qualche modo un assessment pensato per consuntivare un percorso professionale, discuterlo in modo critico e condividere quelli che sono evidentemente aspetti soddisfacenti e aspetti insoddisfacenti. La somma di queste rigenerazioni rigenera un ambiente o un'organizzazione e, mi verrebbe da dire, dovrebbe riflettersi nel conto economico, anzi lo fa di sicuro.
La somma di rigenerazioni personali rigenera un ambiente o un’organizzazione, e dovrebbe riflettersi anche nel conto economico.
Un ultimo spunto: nei momenti in cui esistono informazioni, queste informazioni, i dati, le metriche, diventano naturalmente materia da consiglio di amministrazione. E nel momento in cui la materia arriva al consiglio di amministrazione, diventa valore. Una volta che noi abbiamo a disposizione le informazioni sulle risorse, leggibili, analizzabili in termini quantitativi, entrano direttamente nell'enterprise value, nel valore dell'impresa. E lì l'argomento finisce di essere affascinante, visionario.