Capitano anche a voi quelle situazioni in cui si avverte il disagio di non saperne abbastanza? Quando si evita di intervenire, davanti a interlocutori che si ritiene più preparati. O di essere chiamati a rispondere alla domanda posta a chi in quel momento non è presente. O di esprimere un’opinione senza avere tutti i dati alla mano. Nulla di più normale. Da consulenti, ci confrontiamo quotidianamente con questa sensazione, nonostante al consulente si richieda di sapere tutto. Non si tratta di senso di inadeguatezza. Ma di paura dell’ignoto. “La più antica paura dell’uomo” scriveva Lovecraft.
Non esiste una soluzione univoca. Per non restare immobilizzati, bloccati dal silenzio o dal foglio bianco, la chiave sta nel trovare una relazione. Mettere nero su bianco i pensieri, connettere l’oggetto al suo contesto, indagare l’ignoto un pezzo alla volta.
Un tema toccato durante il recente incontro “Future Of”, il primo dei quattro talk dedicati al futuro del design e della manifattura, che si è svolto il 31 maggio nella Sala delle Capriate in Città Alta a Bergamo. È stata la nostra ultima occasione di visita all’esposizione dei 32 + 1 compassi d’oro del progetto “Fabbriche Pensanti - Storie di Compassi d’Oro da Bergamo a Brescia”. Ma come tutte le cose, alla fine finiscono. E ne ripartono di nuove. L’importante è saper valorizzare l’esperienza, declinarla al futuro, trovandole un nuovo scopo.
Come il nostro allestimento di DimoreDesign, che dopo aver incantato oltre 40.000 visitatori, cambia dimora, se ne va in Val Seriana, in un’azienda a noi affezionata, in attesa di nuova destinazione, nuovo utilizzo.
Quello che resta
Durante il dialogo – in cui erano coinvolti due maestri indiscussi del design, Antonio Citterio e Alberto Meda – si è parlato, tra le altre cose, di ecosistemi funzionali e di senso del design.
“Oggi il design non è più solo una questione di bellezza avulsa ed eterea, ma un pezzo che prende valore con le sue connessioni e le sue relazioni.”
Relazioni con le persone, perché la creatività è fatta da una somma di competenze, in una logica collaborativa, sia per chi la pensa e la produce, che per chi la usa. Relazioni con lo spazio, perché i prodotti vivranno in funzione dell’ecosistema in cui saranno inseriti. La fabbrica stessa è collocata all’interno di un ecosistema territoriale da cui non può slegarsi. E infine la relazione con il tempo, perché ogni prodotto, ogni elemento di design, avrà un suo scopo iniziale che col tempo perderà e dovrà trovare una nuova dimensione.
Si inverte dunque il paradigma: non progettare più dall’inizio, dal fine primario, ma dal fine vita, dalla capacità di rigenerarsi che quell’oggetto avrà quando avrà perso la sua funzione. Significa pensare a produrre e nello stesso tempo pensare a riciclare. Significa pensare sostenibile.
Le fabbriche in questo hanno un ruolo fondamentale. La capacità progettuale e produttiva delle imprese manifatturiere dovrà sempre più spostare l’attenzione dei propri prodotti dalle forme alle relazioni. Oggetti che riducano gli sprechi, che possano essere riutilizzati, riciclati, o che, addirittura, possano vivere in eterno.
Una comunità di valori, un ecosistema di valore
Cantautori, camionisti e vacanzieri sono passati un milione di volte sulla carreggiata della SS9, meglio conosciuta come la via Emilia. Negli anni sono stati i versi di Dalla, le parole di Tondelli e le fotografie di Luigi Ghirri a raccontare la terra, le città e le comunità che si sono appollaiate ai bordi di questa arteria stradale. Il caso di questa strada pianeggiante e dei territori che tocca è talmente singolare da trasformarla in un modello, un Modello Emilia, come l’ha definita Franco Mosconi. Ma dove possiamo trovare un “modello” tra le piazzole di sosta della statale?
Da Piacenza a Bologna quello che fa la forza della regione recentemente colpita dalle alluvioni è il senso civico dell’aiuto, l’essere una comunità estesa e diffusa, un conglomerato di piccoli borghi e grandi città che trovano nella strada un modo per connettersi e valorizzarsi a vicenda.
La stessa dinamica si ritrova nei consorzi di imprese con cui siamo entrati in contatto. Italian Lingerie Export, Gourm e Consorzio Corallo Sciacca sono solo alcuni esempi virtuosi di un modello di business che valorizza le relazioni e le connessioni tra le diverse realtà produttive.
Quello di “ecosistema” è un concetto che trova nel dialogo – dalla progettazione alla costruzione di edifici industriali, infrastrutture o spazi pubblici – un contributo alla costruzione di quella “città ideale” di cui hanno parlato tanta letteratura e tanta teoria urbanistica. E la città-ecosistema del futuro è fatta di corridoi verdi, un consumo di suolo consapevole e una connessione sempre più stretta, sempre più significativa e sempre più di valore. Tra cose, spazi e persone.
Il riuso delle PMI (ovvero Packaging Metallico Immortale)
Vi ricordate i lunghi pomeriggi a casa della nonna? Il centrino all’uncinetto sulla credenza, il servizio da caffè in porcellana (da usare rigorosamente nelle occasioni importanti) e quelle scatole di latta raffiguranti motivi floreali o carrozze ottocentesche? E noi, con curiosità innocente, ad aprirle, lentamente, per trovare… aghi, gomitoli e tanti, tantissimi bottoni! È capitato anche a voi? Altro che dejavù. Chiamarle tradizioni o way of life sarebbe riduttivo. Sono esperienze che entrano nel nostro immaginario e ci fanno sentire il profumo dei biscotti zuccherosi a decenni di distanza.
Lo abbiamo rivissuto fin dal primo incontro con Italtin, azienda di Bottanuco produttrice di scatole in latta destinate a numerosi settori quali food&beverage, cosmesi, editoria, spirit e accessori. Prodotti 100% made in Italy, 100% personalizzabili e 100% riciclabili (oltre che riutilizzabili, come sanno bene nonne e nipoti di tutta Italia).
Italtin si è affidata a noi per lo sviluppo commerciale sul mercato tedesco. L’aspetto più accattivante dell’azienda, oltre alla curiosità sul mondo digital, all’entusiasmo e alla voglia di mettersi in gioco del titolare, è senza dubbio il loro prodotto. Un oggetto senza tempo, vintage e moderno, capace di reinventarsi grazie a forme, colori e stampe sempre diverse. Un prodotto che non teme il fine vita, sia esso destinato al riciclo o alla mensola come porta ninnoli e caramelle.
Cosa si può chiedere di meglio a un packaging, se non la capacità di creare un legame così forte e duraturo con chi lo sceglierà e potrà tenerlo con sé anche tutta la vita?
Alla fiera del pack
Nel panorama attuale, il packaging non ha più solo il compito di proteggere e vestire i prodotti, ma ricopre un ruolo fondamentale nel richiamare l'attenzione dei consumatori sui temi dell’origine e riciclabilità del pack stesso. Un impegno preso anche da Project Packaging, specializzata nella progettazione, produzione e confezionamento in blister per diversi settori merceologici – quali cosmetica, cancelleria e cartoleria, idrosanitaria e casalinghi – che ha scelto di puntare da diversi anni su un packaging sostenibile, in particolare un innovativo Ecoblister in cartonato.
Dal 16 al 18 maggio abbiamo partecipato insieme a loro a Packaging Premiere, la fiera milanese destinata al packaging per il mondo del lusso e del beauty. L'atmosfera eco-friendly era permeata da una bellissima energia, riunendo sotto lo stesso tetto espositori e visitatori fortemente orientati al tema del packaging sostenibile.
La fiera è stata organizzata in modo impeccabile da EasyFairs. Ogni visitatore aveva un badge che poteva scansionare nei vari stand e che permetteva di registrare i dati dell’espositore e viceversa all’espositore di avere i contatti dei lead passati allo stand.
Grazie a questa opportunità, il nostro cliente ha ottenuto un notevole numero di contatti: ben 160 in soli tre giorni! A cui è seguita la nostra attività di follow up, per cui abbiamo già ricevuto diverse richieste di offerta.
I risultati positivi ottenuti durante l'evento hanno confermato la partecipazione di Project Packaging anche per l'edizione 2024. Un affiancamento che ci rende orgogliosi, per contribuire a promuovere un’idea di futuro più sostenibile.
Cose che ci sono piaciute
La cultura del bello raccontata da un “gommista”. Con questa definizione si è ironicamente presentato Antonio Calabrò, Direttore della Fondazione Pirelli e presidente di Museimpresa, all’evento “Click & Talk. Festival di storie di innovazione in fotografia" dello scorso 16 maggio. Per usare le sue parole: “La cultura d’impresa è una sapienza della manifattura e dei servizi fondata sulla relazione tra memoria e innovazione. Il racconto di sé stessa è fondamentale per produrre meglio. E il luogo della produzione dev’essere bello, sicuro, funzionale e sostenibile per poter produrre il meglio del made in Italy.” E proprio con Pirelli la nostra Ciclotte è arrivata in Formula 1! Restate sulla griglia di partenza, ne parleremo a breve!
Buon viaggio Alessandra! Difficile trovare le parole giuste per salutare una colonna portante della storia di MULTI. Per dare l’idea, sul cedolino era la n.002. Abbiamo pensato che la cosa migliore fosse lasciare a lei il saluto a tutti noi e voi.
“Sono salita sul treno che è MULTI 25 anni fa, eravamo davvero in pochi. Ho visto colleghi salire e scendere, molti li ho aiutati ad accomodarsi e a trovare il loro posto. Ho assistito altrettanti clienti sempre con l'approccio che contraddistingue MULTI: un momento di confronto non lo si nega a nessuno.
Un percorso quello di MULTI fatto di tanti piccoli passi e di scelte che l'hanno portata ad essere quello che è oggi: un treno ad alta velocità con una macchinista che ha ben chiara la meta.
Un grazie sincero a tutti, colleghi e clienti, per questo viaggio insieme. Il più bel viaggio che potessi fare. Le persone con le quali viaggi fanno la differenza. Ho cercato di imparare da ciascuno di voi. Il viaggio è ancora lungo, MULTI ha bisogno di tutti voi.”
E a proposito di treni e di nuovi viaggi, alla nostra Ale dedichiamo la voce e la chitarra del suo amato Bruce Springsteen, una terra di sogni e speranze.